Il dolore spesso viene definito come una sensazione fisica, causata dal rilascio di neurotrasmettitori specifici in risposta ad uno stimolo nocivo. Il dolore è molto più di questo… il dolore è un meccanismo di protezione del corpo che fa si che una zona infiammata venga mossa il meno possibile, si va così incontro ad un inevitabile accorciamento muscolare con riduzione della perfusione ematica nella zona, che dapprima sarà circoscritta alla sede dell’infiammazione acuta, ma col passare del tempo si estenderà alle strutture anatomicamente o funzionalmente legate a quella zona, portando ad uno stato di malessere generale e ipomobilità, che può permanere anche dopo la risoluzione del problema originario.
Il dolore cronico, a differenza di quello acuto, è un dolore permanente, non sempre collegato alla presenza effettiva di un focolaio infiammatorio. Per quanto riguarda i cavalli si tende a interpretare atteggiamenti di dolore come espressioni comportamentali non correlate ad una difesa del proprio corpo (il cavallo resta pur sempre una preda). Spesso quando si parla di dolore cronico, non si riscontrano traumi recenti, ma con l’anamnesi quasi sempre si evince la presenza di un trauma pregresso che può essere il responsabile dell’inizio del dolore. Anche il sovraccarico di lavoro della zona interessata (cosa molto frequente per quanto riguarda la schiena) può portare allo sviluppo di dolore. Le situazioni di “overuse” sono la principale causa scatenante delle situazioni compensatorie. In ultimo ma non meno rilevante, le condizioni artrosi che con spondilosi, ovviamente possono causare dolore cronico, anche perché spesso vanno a comprimere o irritare le radici nervose.
Spesso il dolore cronico non risponde, o solo minimamente, agli antiinfiammatori.
Nelle situazioni di dolore cronico, la percezione del dolore non è costante, infatti si avranno momenti in cui il cavallo sarà relativamente libero da dolori, alternati a periodi di riacutizzazioni.
L’effetto principale del dolore è il raccorciamento muscolare, dato dalla contrazione. Questo accorciamento ha effetti deleteri su tendini, legamenti ed articolazioni, infatti si crea una tensione scorretta di queste strutture che possono portare a tutta una serie di patologie che osserviamo frequentemente nel cavallo (bursiti del bicipite, epicondiliti, modificazioni degenerative di garretto o grassella). La tensione muscolare continua crea ripetuti microtraumi alle strutture collagene dei tendini e legamenti associati all’articolazione che viene utilizzata (nel movimento ad esempio), che possono alterare la struttura dei tendini, predisponendo il soggetti a stiramenti e strappi. A livello della colonna, la contrattura dei muscoli estensori e flessori comprime i dischi intervertebrali, creando un’auto-alimentarsi del dolore, contrazione muscolare, infiammazione, fino alla radiculopatia.
Da non sottovalutare inoltre la componente emotiva del dolore, che nel cavallo è una delle maggiori cause di stress (il campo della psico-neuro-immunologia ha individuato la stretta relazione che c’è tra corpo e mente).
Spesso un cavallo in lavoro sotto stress psico-fisico, ha uno stato immunitario compromesso.
Un cavallo che prova dolore non sempre riesce a comunicarlo a chi lo gestisce, che quindi continuerà ad usarlo ed allenarlo come nulla fosse, questo oltre ad accentuare il dolore e la rigidità del cavallo, lo porterà ad una sensazione di frustrazione che spesso si manifesta con alterazione del comportamento, difese, o problemi gastrointestinali. Si innesca quindi un circolo vizioso del dolore, che se non interrotto in tempo può portare alla fine della carriera agonistica del cavallo. Questo circolo vizioso parte dal trauma, che causa dolore, il dolore causa spasmo muscolare, riduzione della circolazione, atrofia muscolare, stiramento di tendini e legamenti, riduzione ampiezza movimenti, aderenze, dolore. Per trasformare questo circolo vizioso in via della guarigione bisogna intervenire: trauma, dolore, riduzione del dolore tramite i trattamenti fa si che non ci sia spasmo muscolare, quindi si avrà una riduzione minima della circolazione, minima atrofia, non si avrà stiramenti teno-legamentosi, non si avrà perdita di movimento né aderenze e quindi il circolo si interrompe e il soggetto guarisce.
Per quanto riguarda il dolore di schiena, molto frequente in tutte le discipline, la situazione si complica, perché il dolore può essere dovuto non necessariamente ad un problema collegato alla colonna vertebrale, ma anche a stati di compensazione dati da problemi di varia natura legati agli arti, al collo, alla testa, ai denti o al tipo di lavoro svolto, alla conformazione e al posizionamento della sella e alla postura e all’assetto del cavaliere; se il cavaliere infatti ha problemi di baricentro, ad esempio per un’asimmetria di bacino, si troverà a distribuire il peso in maniera disomogenea sulla sella, creando di conseguenza pressioni alterate sulla schiena del cavallo, che ne risentirà inevitabilmente.
Il dolore cronico, a differenza di quello acuto, è un dolore permanente, non sempre collegato alla presenza effettiva di un focolaio infiammatorio. Per quanto riguarda i cavalli si tende a interpretare atteggiamenti di dolore come espressioni comportamentali non correlate ad una difesa del proprio corpo (il cavallo resta pur sempre una preda). Spesso quando si parla di dolore cronico, non si riscontrano traumi recenti, ma con l’anamnesi quasi sempre si evince la presenza di un trauma pregresso che può essere il responsabile dell’inizio del dolore. Anche il sovraccarico di lavoro della zona interessata (cosa molto frequente per quanto riguarda la schiena) può portare allo sviluppo di dolore. Le situazioni di “overuse” sono la principale causa scatenante delle situazioni compensatorie. In ultimo ma non meno rilevante, le condizioni artrosi che con spondilosi, ovviamente possono causare dolore cronico, anche perché spesso vanno a comprimere o irritare le radici nervose.
Spesso il dolore cronico non risponde, o solo minimamente, agli antiinfiammatori.
Nelle situazioni di dolore cronico, la percezione del dolore non è costante, infatti si avranno momenti in cui il cavallo sarà relativamente libero da dolori, alternati a periodi di riacutizzazioni.
L’effetto principale del dolore è il raccorciamento muscolare, dato dalla contrazione. Questo accorciamento ha effetti deleteri su tendini, legamenti ed articolazioni, infatti si crea una tensione scorretta di queste strutture che possono portare a tutta una serie di patologie che osserviamo frequentemente nel cavallo (bursiti del bicipite, epicondiliti, modificazioni degenerative di garretto o grassella). La tensione muscolare continua crea ripetuti microtraumi alle strutture collagene dei tendini e legamenti associati all’articolazione che viene utilizzata (nel movimento ad esempio), che possono alterare la struttura dei tendini, predisponendo il soggetti a stiramenti e strappi. A livello della colonna, la contrattura dei muscoli estensori e flessori comprime i dischi intervertebrali, creando un’auto-alimentarsi del dolore, contrazione muscolare, infiammazione, fino alla radiculopatia.
Da non sottovalutare inoltre la componente emotiva del dolore, che nel cavallo è una delle maggiori cause di stress (il campo della psico-neuro-immunologia ha individuato la stretta relazione che c’è tra corpo e mente).
Spesso un cavallo in lavoro sotto stress psico-fisico, ha uno stato immunitario compromesso.
Un cavallo che prova dolore non sempre riesce a comunicarlo a chi lo gestisce, che quindi continuerà ad usarlo ed allenarlo come nulla fosse, questo oltre ad accentuare il dolore e la rigidità del cavallo, lo porterà ad una sensazione di frustrazione che spesso si manifesta con alterazione del comportamento, difese, o problemi gastrointestinali. Si innesca quindi un circolo vizioso del dolore, che se non interrotto in tempo può portare alla fine della carriera agonistica del cavallo. Questo circolo vizioso parte dal trauma, che causa dolore, il dolore causa spasmo muscolare, riduzione della circolazione, atrofia muscolare, stiramento di tendini e legamenti, riduzione ampiezza movimenti, aderenze, dolore. Per trasformare questo circolo vizioso in via della guarigione bisogna intervenire: trauma, dolore, riduzione del dolore tramite i trattamenti fa si che non ci sia spasmo muscolare, quindi si avrà una riduzione minima della circolazione, minima atrofia, non si avrà stiramenti teno-legamentosi, non si avrà perdita di movimento né aderenze e quindi il circolo si interrompe e il soggetto guarisce.
Per quanto riguarda il dolore di schiena, molto frequente in tutte le discipline, la situazione si complica, perché il dolore può essere dovuto non necessariamente ad un problema collegato alla colonna vertebrale, ma anche a stati di compensazione dati da problemi di varia natura legati agli arti, al collo, alla testa, ai denti o al tipo di lavoro svolto, alla conformazione e al posizionamento della sella e alla postura e all’assetto del cavaliere; se il cavaliere infatti ha problemi di baricentro, ad esempio per un’asimmetria di bacino, si troverà a distribuire il peso in maniera disomogenea sulla sella, creando di conseguenza pressioni alterate sulla schiena del cavallo, che ne risentirà inevitabilmente.